Tribunale di Cassino – Sentenza n. 273 del 18.04.2024
In tema di offese a mezzo Facebook non è sempre necessario l’accertamento tecnico in ordine alla titolarità dell’indirizzo IP da cui risultino spediti i messaggi denigratori, potendosi ritenere superfluo qualora il profilo “social” utilizzato sia attribuibile al soggetto imputato sulla base di elementi logici, desumibili dalla convergenza di plurimi e precisi dati indiziari quali il movente, l’argomento del “forum” sul quale i messaggi sono pubblicati, il rapporto tra le parti, la provenienza del “post” dalla bacheca virtuale dello stesso con utilizzo del suo “nickname”.
Con questa recente sentenza il Tribunale di Cassino, occupandosi di uno dei molteplici e sempre più frequenti casi di offese a mezzo gli usuali canali social, ha dettato un importante principio di diritto sancendo la rilevanza della prova indiziaria qualora non siano ritenuti necessari ulteriori accertamenti di natura tecnica per l’individuazione dell’indirizzo IP di provenienza delle frasi e dei contenuti oltraggiosi e denigratori.
In particolare, il Tribunale ha evidenziato come in casi del genere le espressioni utilizzate nei post pubblicati, tali da contenere alcuni riferimenti volti ad individuare la persona offesa in modo chiaro e univoco, anche a dispetto della grossolana alterazione del suo nome, addirittura con l’indicazione precisa dell’indirizzo sede di lavoro della stessa, consentano senza ombra di dubbio di ritenere integrati gli estremi del reato dal momento che non deve ritenersi in alcun modo necessaria la precisa indicazione nominativa del destinatario delle offese.
I Giudici laziali, poi, hanno ulteriormente precisato come ugualmente certa e dimostrata possa ritenersi l’attribuzione al soggetto imputato delle espressioni offensive denunciate allorché vi siano elementi probatori, anche di natura meramente indiziaria, precisi e concordanti in tal senso quali la denominazione del profilo utilizzato, che riproduca il nome e cognome dell’imputato stesso, la sicura conoscenza tra quest’ultimo e la persona offesa e l’esistenza di un movente, ovviamente desumibile di volta in volta dalle risultanze dei mezzi istruttori espletati e dalle risultanze della fase dibattimentale.
In presenza, pertanto, di tali indizi diventa assolutamente non necessario procedere ad ulteriori accertamenti anche di natura tecnica in ordine alla titolarità dell’indirizzo IP da cui risultano spediti i messaggi offensivi, dovendosi ritenere dunque meramente ipotetico e privo di fondamento ogni eventuale dubbio sotto tale profilo per assoluta concordanza, appunto, di plurimi elementi indiziari sui quali fondare legittimamente un giudizio di colpevolezza per il reato ascritto.