Tribunale di Lodi – Sezione Lavoro – Sentenza del 14.12.2023
In caso di socio lavoratore di cooperativa, al fine di individuare la corretta retribuzione spettantegli occorre sempre accertare il differente requisito dell’affinità del CCNL rispetto al settore in cui opera la cooperativa in modo tale da garantirgli un trattamento economico complessivo non inferiore a quello dettato dal medesimo CCNL ed in ogni caso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Il Tribunale di Lodi detta quindi un importante principio in materia di giusta retribuzione del socio lavoratore di società cooperativa che svolga molteplici servizi, sottolineando in particolare la rilevanza della proporzionalità della stessa a criteri di qualità e quantità del lavoro prestato nel rispetto dei fondamentali principi costituzionali di riferimento.
In particolare, i Giudici lombardi evidenziano come in materia l’art. 3 della L. n. 142 del 2011 preveda che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36 della L. 20 maggio 1970 n. 300, le società cooperative siano sempre tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.
Gli stessi Giudici, poi, aggiungono anche che l’art. 7 comma 4 del D.L. n. 248 del 31 dicembre 2007 dispone che fino alla completa attuazione della normativa in materia, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgano attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria debbano applicare ai propri soci lavoratori, ai sensi del menzionato art. 3 comma 1 della legge n. 142 del 2001, trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.
Più esattamente, il Tribunale precisa come al socio lavoratore subordinato spetti sempre la corresponsione di un trattamento economico complessivo, e dunque concernente sia la retribuzione base che le altre voci retributive, comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, e sottolinea altresì come sia necessario, in sede giudiziale, valutare la prestazione resa dal lavoratore rispetto anche alle attività rientranti da visura camerale nell’oggetto sociale della cooperativa.
Secondo i Giudici lodigiani, pertanto, qualora il CCNL applicato non dovesse apparire del tutto coerente con le ulteriori mansioni in concreto svolte dal lavoratore occorre riferirsi necessariamente a quello del settore di riferimento di queste, la cui applicabilità, quanto ai minimi contrattuali, non può essere mai condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 6 della Legge n. 142 del 2001 che, sebbene destinato a disciplinare, essenzialmente, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria.