Cassazione penale, Terza Sezione – Sentenza n. 36572 del 04.09.2023
Integra gli estremi della detenzione penalmente rilevante la disponibilità di materiale pedopornografico archiviato sul cloud storage di una chat di gruppo ed accessibile, anche piuttosto agevolmente, da parte di ogni componente del gruppo che allo stesso abbia consapevolmente preso parte.
La Corte Suprema interviene efficacemente nel delineare esattamente i contorni del concetto giuridico di “detenzione di materiale pedopornografico” a mezzo internet rilevante ai fini della punibilità penale ex art. 600-quater comma 1 c.p.
In particolare, i Giudici di legittimità evidenziano come anche in campo civilistico i concetti di possesso e di detenzione abbiano subito nel tempo una progressiva trasformazione con la crescente divulgazione, attraverso il web e grazie all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato, dei beni c.d. “immateriali”, per cui spostando i termini della questione nel campo strettamente penale va osservato come anche i file, lungi dal poter essere definiti entità astratte attesa la loro consistenza fisicamente tangibile sol che si consideri l’unità di misura che li contraddistingue, siano caratterizzati dalla possibilità di essere utilizzati da più soggetti anche contemporaneamente senza che l’esercizio dell’uno impedisca quello degli altri.
Secondo la Corte, pertanto, in conformità all’evoluzione delle tecnologie e delle correlate condotte correnti, il concetto di detenzione deve essere ormai del tutto sganciato dalla relazione materiale con la res intesa in termini strettamente fisici e deve essere piuttosto collegato alla sua effettiva ontologica essenza costituita dalla fruibilità della res in termini non solo concreti, ma anche potenziali che prescindono, cioè, dall’utilizzo effettivo.
Gli Ermellini, dunque, nel significare come tutti i contenuti pedopornografici immessi nella chat di gruppo ed automaticamente salvati con il sistema cloud storage diventino patrimonio comune di ogni componente del gruppo stesso, opportunamente nel contempo sottolineano come ciò che deve sempre sussistere per sostanziare la responsabilità penale in parola e scongiurare il rischio dell’utente ignaro che solo per caso fortuito o per mera curiosità si trovi ad accedere ad una chat dai contenuti penalmente rilevanti è la consapevolezza del soggetto agente della sua partecipazione ad una chat che presenti contenuti integranti la violazione del relativo precetto penale e dunque costituita allo specifico fine di condividere materiale pedopornografico.
Si tratta, come possiamo vedere, di una lettura correttamente orientata secondo i dettami del nostro Codice penale anzitutto all’accertamento effettivo del requisito soggettivo del reato e della relativa responsabilità personale e, nello stesso tempo, alla individuazione dei concetti, primariamente civilistici, di possesso e detenzione di materiale pedopornografico sempre più orientati ai moderni sistemi di comunicazione virtuale.