Corte di Cassazione – Ordinanza n. 8913 del 29 marzo 2023
Nell’ambito di un licenziamento, individuale o collettivo, le parti sono libere di disporre in merito all’indennità di preavviso, che può essere ricusata dal lavoratore licenziato, ma restano ugualmente tenute al versamento della contribuzione previdenziale relativa alla medesima indennità.
Nell’ambito di un licenziamento collettivo formalizzatosi poi in dei verbali di conciliazione in sede protetta statuenti, tra le altre cose, la rinuncia del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso e la corresponsione a suo favore di una somma a titolo di incentivo all’esodo, la Corte di Cassazione ha sostanzialmente ribaltato la decisione di secondo grado, ritenendo del tutto lecita l’operazione transattiva realizzata, ma altrettanto legittima la pretesa dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) di ottenere il versamento della contribuzione quantificata appunto sul valore dell’indennità stessa.
I Giudici Ermellini hanno infatti ritenuto fondato l’unico motivo di censura addotto dall’INPS nei confronti della statuizione della Corte di Appello che, smentendo la decisione di primo grado, aveva invece inquadrato la fattispecie nei termini della risoluzione consensuale ritenendo insussistente l’obbligo contributivo in assenza di corresponsione dell’indennizzo in questione.
Alla luce tuttavia del noto principio del minimale contributivo, oltre che del relativo carattere di indisponibilità del credito previdenziale, afferente quest’ultimo non il rapporto civilistico tra datore di lavoro e dipendente, quanto quello previdenziale e triangolare coinvolgente altresì l’INPS, il relativo versamento resta obbligatorio e indisponibile. In tale ultimo rapporto, infatti, la suddetta regola sancisce che la retribuzione da assumere quale base per il calcolo dei relativi contributi non può essere inferiore all’importo definito dalla legge.
Sulla scorta delle presenti considerazioni, quindi, la Corte di Cassazione ha evidenziato l’inopponibilità degli accordi transattivi raggiunti tra le parti del contratto di lavoro nei confronti dell’INPS, rapidamente richiamando alcuni simili precedenti della medesima Corte incentrati sulla regola del minimale contributivo e l’autonomia tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale. Conseguentemente, ha accolto il ricorso dell’Istituto, cassando la sentenza impugnata e rinviando la decisione alla Corte di Appello in diversa composizione.