Tribunale di Lecce – Sezione Prima – Sentenza n. 1494 del 18.05.2023
Il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di avere contratto patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danneggiato o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui la malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.
Il Tribunale di Lecce, nel dirimere la causa intentata dai parenti del soggetto danneggiato in conseguenza all’errore diagnostico e terapeutico commesso dai sanitari in servizio presso la ASL di riferimento, ha anzitutto affermato come la responsabilità della struttura sanitaria per i danni da perdita o lesione del rapporto parentale, invocati iure proprio dai congiunti del paziente, in quanto avente natura extracontrattuale sconti un periodo di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c.
Più precisamente, i Giudici leccesi hanno sottolineato come nel caso di specie il rapporto contrattuale intercorra unicamente tra il paziente e la struttura sanitaria che lo accolga in cura, e come i parenti non possano nemmeno essere ritenuti “terzi protetti dal contratto”, dal momento che ciò potrebbe postularsi solo qualora l’interesse, del quale tali terzi siano portatori, risulti anch’esso strettamente connesso a quello già regolato sul piano della programmazione negoziale.
Il Tribunale, pertanto, a fronte di tale qualificazione della responsabilità della ASL, nel sostanziare la prescrizione applicabile con quella quinquennale, ha ritenuto che la stessa debba decorrere non già dal giorno in cui il fatto lesivo si sia verificato, ma dal momento della sua effettiva percepibilità e riconoscibilità da parte del danneggiato.
In considerazione di tanto, i Giudici leccesi hanno contraddetto l’interpretazione dei danneggiati secondo la quale tale momento coinciderebbe con il suo riconoscimento giudiziale, e dunque con l’emissione della sentenza che avrebbe accolto la domanda risarcitoria del proprio congiunto, danneggiato primario, in quanto l’erroneità del trattamento terapeutico eseguito sarebbe stata ben percepita dal paziente e dai suoi familiari già prima di tale accertamento giudiziale e, segnatamente, o dal momento in cui sia insorta la patologia ovvero, quanto meno, all’esito della eventuale consulenza medica, se ed in quanto disposta nel corso di quel contenzioso.
Si tratta, dunque, come possiamo vedere, di una interpretazione certamente ancorata alle specifiche dinamiche processuali del caso trattato ed alle altrettanto particolari circostanze di fatto della vicenda dibattuta che, tuttavia, almeno aprioristicamente, solleverebbe qualche perplessità qualora i congiunti, legittimati all’azione da risarcimento del danno da perdita o lesione del rapporto parentale, siano rimasti estranei al giudizio accertativo della responsabilità della struttura sanitaria, poiché è ovvio come non sia ammissibile legare il momento di percezione o conoscibilità della situazione di danno da parte loro ad un giudicato ad essi sconosciuto e, per ciò stesso, inopponibile ex lege.