Tribunale di Crotone – Sezione Prima – Sentenza del 05.05.2021
Qualora si proceda, in sede di opposizione ad un decreto ingiuntivo attivato da un coerede per il recupero di un credito del proprio dante causa defunto, a contestare la mancata dimostrazione della qualifica di erede ed il conseguente difetto di legittimazione attiva, per quel che concerne la delazione dell’eredità, tale onere probatorio, anche secondo l’insegnamento consolidato della Suprema Corte, deve ritenersi idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali sia dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il de cuius che legittimi la successione ai sensi degli artt. 565 e ss cod. civ., dal momento che “i certificati di famiglia sono idonei a provare il grado di parentela tra il defunto e gli attori, fonte della successione legittima” (C. 14605/2005).
In questi casi, dunque, se viene prodotto dalla parte interessata un certificato storico di stato di famiglia attestante non solo l’avvenuto decesso del proprio fratello creditore originario ma anche l’inesistenza di coniuge e figli dello stesso, in una alla sussistenza del rapporto di stretta sua parentela con esso defunto, tale documento certificativo assume la qualifica di titolo conferente a tutti gli effetti la qualità di erede ai sensi dell’art. 582 c.c., espressamente rubricato “Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle”, con conseguente sua piena legittimazione ad agire in via monitoria per il recupero integrale del credito già vantato dal suo dante causa.
Il Tribunale calabrese, con questa significativa pronuncia, ribadisce un concetto che, in verità, non può non sembrarci quasi scontato al punto da chiederci su quali basi e fondamento giuridici si possa essere basata la contestazione mossa dalla società opponente nel caso di specie. Effettivamente non riusciamo a comprendere, soprattutto se, come sembra di rilevare dalla sentenza, la certificazione anagrafica attestante il rapporto di parentela tra opposta e de cuius e l’insussistenza di altri soggetti (coniuge e figli del defunto) eredi legittimi fosse stata già prodotta a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo proposto, la linea difensiva fatta valere dalla opponente, essendo certo ed incontestabile il valore probatorio pieno ed indiscutibile che si debba riconoscere a detti documenti, come è noto frutto di dati e notizie custoditi e gestiti da enti pubblici ed attestati, nei rapporti con i terzi, comprese anche le Autorità Giudiziarie all’occorrenza chiamate in causa, da Pubblici Ufficiali nel pieno delle proprie funzioni istituzionali. Piuttosto, ci sembra importante sottolineare come il Tribunale, a fondamento della propria conclusione, abbia giustamente rilevato che l’accertamento dell’effettivo subentro della opposta nei diritti di credito spettanti al suo dante causa, trattandosi di crediti ereditari, attiene non già alla legittimazione processuale della stessa, da verificare sulla base delle sole allegazioni, ma piuttosto alla titolarità dei rapporto controverso, da stabilirsi solo in base alle prove acquisite al giudizio e quindi all’esito di una loro valutazione critica da parte del giudice di merito, come del resto confermato anche dal pacifico orientamento della Corte Suprema a Sezioni Unite dallo stesso Tribunale espressamente richiamato (Cass. Sez. Unite 16.2.2016 n. 2951, Cass. Sez. Unite 16.5.2013 n. 11830).