Tribunale di Milano – Sezione Lavoro – Sentenza n. 2967 del 20.09.2023
In caso di accertato demansionamento del lavoratore, il relativo danno deve essere commisurato, in via equitativa, ad una percentuale delle retribuzioni dovute per il periodo del demansionamento stesso posto che, indubbiamente, elemento di massimo rilievo nella determinazione della retribuzione è il contenuto professionale delle mansioni svolte e, per qualità e quantità ai sensi dell’art. 36 Cost., della prestazione lavorativa eseguita.
Il Tribunale di Milano riprende un importante principio di diritto nella quantificazione del danno patrimoniale da riconoscersi al dipendente che risulti vittima di demansionamento e precisa anzitutto come detta liquidazione debba essere eseguita dal Giudice in via equitativa sia pure prendendo a termine di comparazione, ovviamente, la retribuzione ordinaria riconosciuta al lavoratore.
I Giudici milanesi, dunque, evidenziano il pacifico disvalore giuridico e sociale della pratica aziendale di colpevole illegittima assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori riportando questa nell’alveo di un fatto potenzialmente idoneo a produrre una pluralità di conseguenze dannose, sia di natura patrimoniale che di natura non patrimoniale.
Secondo il Tribunale, infatti, in base ad una ricostruzione ontologica siffatto inadempimento datoriale può comportare un danno da perdita della professionalità di contenuto patrimoniale che può consistere sia nell’impoverimento della capacità professionale del lavoratore e nella mancata acquisizione di un maggior “saper fare”, sia nel pregiudizio subito per la perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno o di ulteriori potenzialità occupazionali.
In particolare, tale condotta determina la violazione del precetto di cui all’art. 2103 c.c. dal momento che essa finisce per pregiudicare quel complesso di capacità e di attitudini definibile con il termine “professionalità”, che è di certo bene economicamente valutabile, posto che esso rappresenta uno dei principali parametri per la determinazione del valore di un dipendente sul mercato del lavoro.
Il Tribunale di Milano, pertanto, nel delicato compito del Giudice di merito di giungere ad una liquidazione di tale voce di danno, evidenzia come il criterio da utilizzare, necessariamente in via equitativa, sia quello di commisurare il pregiudizio subito ad una percentuale delle retribuzioni dovute per il periodo del demansionamento, essendo detto criterio certamente non privo di concretezza dal momento che elemento di massimo rilievo nella determinazione della retribuzione è proprio il contenuto professionale delle mansioni e, per qualità e quantità ai sensi dell’art. 36 Cost., della prestazione lavorativa eseguita.
Secondo i giudici lombardi, infatti, solo l’entità della retribuzione può essere assunta a parametro del danno da impoverimento professionale derivato dall’annientamento delle prestazioni proprie della qualifica effettivamente riconosciuta al dipendente.