Tribunale di Napoli – Sezione Lavoro – Sentenza n. 280 del 18.01.2023
L’art. 80, comma 19, della Legge n. 388 del 2000, nella parte in cui subordina il diritto a percepire l’assegno sociale, per gli stranieri extracomunitari, alla titolarità della carta di soggiorno (ora permesso di lungo soggiorno), deve ritenersi norma non irragionevole in virtù del fatto che l’assegno sociale è misura che, rivolgendosi a chiunque abbia compiuto 65 anni di età (dal 1° gennaio 2019 67 anni), persegue finalità peculiari e diverse rispetto a quelle proprie delle misure di assistenza legate a specifiche esigenze di tutela sociale della persona che non tollerano discriminazioni, come nel caso delle invalidità psicofisiche.
Con questa recente e significativa sentenza, il Tribunale di Napoli interviene efficacemente in una problematica quanto mai attuale e dai risvolti socio-economici di assoluto rilievo, anche e soprattutto per le implicazioni solidaristiche che la stessa comporta.
I giudici napoletani, infatti, tra le righe del loro pronunciamento hanno giustamente sottolineato la natura solidale dell’assegno sociale in favore anche dei cittadini extracomunitari che alle soglie dell’uscita dal mondo del lavoro, abbiano la possibilità di godere, al pari degli altri aventi diritto, un sostegno da parte della collettività’ nella quale hanno operato e, dunque, un corrispettivo solidaristico per quanto doverosamente offerto al progresso materiale o spirituale della società.
Secondo il Tribunale, del resto, questi cittadini intanto ne sono beneficiari in quanto, appunto, rechino in sé tutti i requisiti espressamente previsti dalla legge, tra cui la titolarità del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, oltre alla specifica condizione di aver goduto di un soggiorno continuativo in Italia per almeno dieci anni.
Si tratta, pertanto, di una pronuncia assolutamente condivisibile anche nella sua portata applicativa sociale poiché garantisce, a questa particolare categoria di cittadini, una indispensabile prestazione assistenziale e previdenziale a fronte di una accertata mancanza di reddito adeguato e di pensione, di un’età in linea di massima non più idonea alla ricerca di un’attività lavorativa nonché del mantenimento della effettiva residenza in Italia in aggiunta all’ulteriore requisito della titolarità di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
L’attenzione al problema sociale che i giudici campani hanno in questa occasione dimostrato si manifesta nell’approfondimento, nella sentenza in commento, dei contenuti del requisito della continuità della presenza del cittadino extracomunitario nel nostro territorio con particolare riguardo alla circostanza, molto ricorrente, dell’allontanamento breve e saltuario in coincidenza con le ferie estive.
Il Tribunale, infatti, ha giustamente sentenziato come detto allontanamento per un periodo limitato non possa mai implicare di per sé l’abbandono del luogo di residenza in Italia, a maggior ragione quando il cittadino extracomunitario vi faccia ritorno non appena possibile e lo stesso continui a mantenere nel nostro territorio il centro delle proprie relazioni familiari e sociali, per la cui dimostrazione possono soccorrere specifici documenti quali, ad esempio, il certificato di residenza storica o l’estratto contributivo con l’attestazione, nel tempo, dei periodi di svolgimento del lavoro subordinato.
Secondo il Tribunale, del resto, il radicamento territoriale che legittima la percezione del beneficio previdenziale in parola mai può identificarsi con l’assoluta, costante ed ininterrotta permanenza del soggetto sul nostro territorio nazionale.