Tribunale di Bologna – Seconda Sezione – Sentenza n. 97 del 14.01.2022
La contestazione sulla quantificazione dei compensi professionali spettanti all’Avvocato, se riguardante la forma con la quale questi sarebbero stati determinati, rappresenta in realtà una lite sul tipo di contratto che abbia legato le parti e, qualora si faccia riferimento ad una semplice annotazione di cifra su un “post-it”, se questa abbia o meno valore di patto vincolante, escludendolo in assenza di determinati presupposti formali quali la sottoscrizione delle parti in primis.
Il Tribunale di Bologna afferma, con questa interessante sentenza, come la presunta “pattuizione” sui compensi professionali spettanti al Legale contenuta in un post-it, soprattutto se priva della sottoscrizione delle parti ed oltretutto tempestivamente contestata dallo stesso professionista, non integri gli estremi di un documento a tal fine valido e processualmente utilizzabile.
I Giudici emiliani, infatti, precisano al riguardo come per il patto che stabilisce il compenso sia prevista, a pena di nullità, la forma scritta ex art. 2233, 3 comma c.c., con conseguente ininfluenza probatoria di qualsivoglia eventuale deposizione testimoniale a supporto dello stesso, e come detta prova debba essere sempre fornita documentalmente ai sensi dell’art. 2725 c.c.
Il Tribunale bolognese, pertanto, correttamente prosegue affermando che anche a ritenere il post-it come un principio di prova per iscritto come riportato dall’art. 2725 punto 1 c.c. in ogni caso esso non sia idoneo a superare l’onere di forma previsto dal citato articolo, dal momento che questa norma non ammette tutte e tre le eccezioni dell’articolo che lo precede ma solo lo smarrimento incolpevole del documento.
Gli stessi Giudici emiliani, poi, sottolineano anche, richiamando un conforme recentissimo orientamento della Corte Suprema (Cassazione civile sez. VI 08 settembre 2021 n. 24213), come il fondamentale disposto di cui all’art. 2233 comma 3 cc non possa ritenersi implicitamente abrogato dall’art. 13 comma 2 della Legge n. 247 del 2012 che, come è noto, stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito, di regola, per iscritto.
Questa novità legislativa, infatti, esplicativa delle nuove relazioni che intercorrono tra il Cliente e l’Avvocato in rapporto anche alle mutate necessità derivanti dall’evoluzione della professione forense sotto il profilo dei compensi spettanti, ha lasciato impregiudicata la prescrizione civilistica sopra ricordata, dal momento che la norma sopravvenuta non va riferita alla forma del patto, ma piuttosto al momento in cui stipularlo, stabilendo essa che detto accordo vada stipulato tra le parti all’atto del conferimento dell’incarico.
Si tratta, dunque, di una pronuncia dal significato giuridico ed applicativo quanto mai rilevante poiché se da una parte conferma la legittimità del patto scritto di determinazione dei compensi, dall’altra ne individua e sottolinea gli elementi formali che devono sempre sostanziarlo, ribadendo, come ovvia e naturale conclusione, che in assenza di prova della pattuizione di un compenso specifico trovino applicazione i valori previsti dalla Tariffa Forense ratione temporis applicabile.