Tribunale di Novara – Sezione Lavoro – sentenza n. 223 del 07.10.2021
Il dato testuale dell’ art. 6 della Legge n. 604 del 1966, secondo il quale “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione (…) con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso“, richiede esclusivamente la forma scritta ad substantiam, non prescrivendo né alcuna modalità particolare di redazione né alcuna particolare forma di comunicazione della volontà del lavoratore.
Il Tribunale di Novara, con questa interessante pronuncia, tratta una tematica, quella del valore probatorio di una scrittura privata riconosciuta, che nel caso specifico assume una rilevanza ancora maggiore poiché riguarda gli effetti di una contestazione del lavoratore al licenziamento intimatogli che, come è noto, in caso di mancato rispetto del termine perentorio di legge soggiace inevitabilmente alla sua definitiva preclusione. I Giudici piemontesi, dunque, radicando il proprio convincimento sul principio della rilevanza della forma sostanziale degli atti, sottolineano come il documento cartaceo con firma autografa dei sottoscrittori sia pienamente valido ed efficace se riconosciuto e confermato nella sua provenienza in sede giudiziale mediante, ad esempio, l’interrogatorio libero della parte interessata. Oltretutto è significativo sottolineare come la sentenza in commento ribadisca efficacemente come l’opposizione stragiudiziale del licenziamento inviata a mezzo di posta elettronica certificata da parte del difensore del lavoratore costituisca, a tutti gli effetti, atto scritto in quanto in essa vi è chiaramente riportata sia l’intenzione di detta impugnativa che la riferibilità di questa allo stesso lavoratore interessato. Si tratta, pertanto, di pronuncia chiaramente corretta e condivisibile, anche alla luce del conforme orientamento giurisprudenziale che vede sufficiente in proposito anche solo un mero messaggio di posta elettronica, semmai suscettibile di conferma in caso di eventuale contestazione giudiziale al fine di accertarne la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Come detto, dunque, in questo caso è la sostanza giuridica dell’atto e della volontà individuale che vi si esprime a prevalere sul requisito puramente formale, laddove lo stesso atto dimostri inequivocabilmente la contestazione all’iniziativa di recesso adottata dal datore di lavoro, ovviamente redatta in forma scritta come per legge, comunicata al datore di lavoro e da quest’ultimo acquisita regolarmente in conoscenza mediante la regolare consegna della pec.